Ci stiamo riscaldando ed ormai il popolo bove si sta abituando al caldo, dunque la pioggia è vista come una scocciatura dopo appena un’ora che cade. E la neve è solo un problema ad eccezione per chi scia.
Ieri sera il ristoratore mi ha lasciato la bottiglia del Genepy sul tavolo. Lo fanno loro, ed è proprio buono. Produrre un liquore in casa ed offrirlo agli avventori del locale credo sia proibito e stigmatizzato dalle norme HACCP e dalla Comunitè European e forse anche dal Vaticano. Così questa notte ho sognato di dover consegnare la dichiarazione dei redditi a New York. Ero in uno stanzone immenso; la procedura consisteva nel digitare il codice fiscale in una specie di distributore di bevande, dal quale è uscito un foglio stampato pronto per essere consegnato, si prende il numero, io avevo duemila e qualcosa ed erano arrivati a chiamare il quattrocento. Io non devo fare la dichiarazione dei redditi vera e propria, ma una dichiarazione simile nella quale dichiaro di non essere soggetto fiscale rilevante in USA. E’ abbastanza per farmi memorizzare un byte o due di ansia in qualche circuito neuronale che ogni tanto viene attivato, magari dal Genepy.
Questo è il secondo fine settimana di neve di fila qui in alta valle. Ai tempi in cui ero bambino la settimana bianca era bianca davvero. Comunque inutile ripetere le stesse cose. Vedere nevicare e vedere i mucchi di neve bianca ai bordi dei camminamenti, è una sensazione che non provavo da tempo. Mi hanno inserito in una chat su WhatsApp di residenti che parlano dei problemi del borgo; parcheggi selvaggi nei garage interrati, cani liberi e minacciosi, un po’ di maleducazione. Io sono l’ultimo arrivato, ho pubblicato qualche foto ma non partecipo alle discussioni accese sulle responsabilità. Mi basta veder nevicare fuori dalla finestra, Miriam è sul divano che guarda sul Tablet una serie televisiva, poi penso ai quattro ristoranti che ci sono a distanza di pochi metri a piedi. Le auto sono tutte sotto terra o nell’unico parcheggio all’aperto. Il silenzio è garantito.
Io ricordo i vecchi contadini dell’Appennino che d’inverno dicevano: “Sotto la pioggia fame, sotto la neve pane”.