Il rientro.

Gli “arrivi” dell’aeroporto di Genova sono i più squallidi che mi ricordi. Ho visto locali più gradevoli, curati, puliti in minuscoli aeroporti su isolette in Grecia o in paesini sperduti in Messico. Oddio hanno aggiunto UN volo SETTIMANALE per una capitale europea. Stappiamo lo champagne. Anche i prossimi visitatori da questa nuova destinazione potranno pensare di aver fatto un errore quando atterreranno a Genova.

Ma oggi sono atterrato a Milano Malpensa e sebbene da quelle parti siano combinati molto meglio, tant’è sembra quasi che ci sia un fil rouge di desolazione tra entrambi gli arrivi.

Il controllo automatizzato dei passaporti ha avuto qualche minuto di disattenzione, bloccando alcuni passeggeri tra due cancelli. Riaperti dopo che una addetta ha telefonato incazzata due volte a qualcuno che alla fine è arrivato, non so cosa abbia fatto, ma ha sbloccato dei viaggiatori che già si vedevano intrappolati fino all’arrivo a notte fonda di un fabbro con la fiamma ossidrica.

Ho capito che quando uno atterra pensa solo ad uscire indenne dai controlli e vuole portare via il belino quanto prima possibile. A Genova quando uno aspetta i bagagli su quel nastro ottocentesco che sembra fatto in casa con pezzi raccolti a Scarpino, potrebbero appendere un grosso cartello con scritto “benvenuti a Genova” ed a fianco due portuali cul sedere di fuori.

Prima cosa arrivato in ufficio ho scritto agli “asini matricolati” dell’ARPA Piemonte. Non so cosa aspettarmi, forse una risposta e semmai ci fosse, chissà cosa mi diranno. Non ho aspettative di alcun tipo, devo solo attendere.

Tappeto di altocumuli, direi. Potrebbero anche essere cirrostrati, o qualsiasi altro tipo di nuvolaglia can che fugge.

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