Papaveri rossi.

Io amo i papaveri. Non a caso ne ho recentemente seminato un bel numero, ma comunque nascono spontanei e si moltiplicano in modo esponenziale. In questi giorni i prati si stanno riempendo.

Earworms or stuck song syndrome

Recurring tunes that involuntarily pop up and stick in your mind are common: up to 98% of the Western population has experienced these earworms. Usually, stuck songs are catchy tunes, popping up spontaneously or triggered by emotions, associations, or by hearing the melody.

Questo ovviamente succede anche a me. Ultimamente mi ricordo di aver passato una intera mattinata canticchiando mentalmente il motivo del programma televisivo “Portobello” di Enzo Tortora. La gamma spazia ampiamente tra generi diversissimi.

Questi papaveri rossi comparsi quasi nottetempo sulla collinetta che contorna la Pozzanghera mi hanno stimolato un qualche cluster neuronale che contiene la canzone di Fabrizio De Andrè “La Guerra di Piero”. Sono diversi giorni che non riesco a non canticchiarla in testa. Forse ne ho già parlato, perchè questo mi succede invariabilmente ogni anno quando vedo i primi papaveri spuntare tra l’erba della tarda primavera.

Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa, non è il tulipano
Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
Ma son mille papaveri rossi

Lungo le sponde del mio torrente
Voglio che scendano i lucci argentati
Non più i cadaveri dei soldati
Portati in braccio dalla corrente

Così dicevi ed era d’inverno
E come gli altri verso l’inferno
Te ne vai triste come chi deve
Il vento ti sputa in faccia la neve

Fermati Piero, fermati adesso
Lascia che il vento ti passi un po’ addosso
Dei morti in battaglia ti porti la voce
Chi diede la vita ebbe in cambio una croce

Ma tu non lo udisti e il tempo passava
Con le stagioni a passo di giava
Ed arrivasti a varcar la frontiera
In un bel giorno di primavera

E mentre marciavi con l’anima in spalle
Vedesti un uomo in fondo alla valle
Che aveva il tuo stesso identico umore
Ma la divisa di un altro colore

Sparagli Piero, sparagli ora
E dopo un colpo sparagli ancora
Fino a che tu non lo vedrai esangue
Cadere in terra a coprire il suo sangue

E se gli sparo in fronte o nel cuore
Soltanto il tempo avrà per morire
Ma il tempo a me resterà per vedere
Vedere gli occhi di un uomo che muore

E mentre gli usi questa premura
Quello si volta, ti vede e ha paura
Ed imbracciata l’artiglieria
Non ti ricambia la cortesia

Cadesti a terra senza un lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che il tempo non ti sarebbe bastato
A chiedere perdono per ogni peccato

Cadesti a terra senza un lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che la tua vita finiva quel giorno
E non ci sarebbe stato un ritorno

Ninetta mia, a crepare di maggio
Ci vuole tanto, troppo coraggio
Ninetta bella, dritto all’inferno
Avrei preferito andarci in inverno

E mentre il grano ti stava a sentire
Dentro alle mani stringevi il fucile
Dentro alla bocca stringevi parole
Troppo gelate per sciogliersi al sole

Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa, non è il tulipano
Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
Ma sono mille papaveri rossi

Questa meravigliosa canzone non ha bisogno di presentazioni. Però mi tocca personalmente. Il fratello di mio padre, Piero, Alpino della Divisione Cuneense, Battaglione Saluzzo, 22a Compagnia, partì per il fronte russo senza più ritornare e dorme, realmente, sotto i papaveri in un ex campo di prigionia in Russia.

E’ probabile che ne abbia già accennato su queste paginette, ma la storia che lo riguarda è incredibile per come si è svolta e per come è tornata casualmente alla ribalta dopo cinquantanove anni dalla sua morte, complici attori straordinari che in qualche modo hanno avuto a che fare con lui.

E’ tutto on line, foto, racconti, documenti; basta cercare.

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