“New York, New York, is everything they say, and no place that I’d rather be” recita una canzone di qualche anno fa che probabilmente ho già citato decine di volte senza ricordarmene. Miriam è a casa di amiche, lunch con un gruppo di urlatrici che si potrebbe sentire per l’intero blocco, io mi infilo in un ristorante tipo giapponese di poche pretese ma buono con un servizio molto gentile, specialmente tale Denise, graziosa e sorridente. Il locale non è un vero giapponese, è il perfetto miscuglio tra un giapponese ed uno sport bar americano, non prevale nessuno stile, sono fusi insieme. Sulla tenda c’è scritto “Asian Bistro – Sushi Bar – Lounge” ossia tre articoli tra di loro lontani migliaia di chilometri. Poi guardo dalla finestra; in chissà quante altre città degli Stati Uniti ci sarà un incrocio tra una ottantesima strada ed una terza avenue, ma tutti i dettagli della foto dicono senza ombra di dubbio che siamo a New York.
Cerca, cerca…
Baah.
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Dedicata al nostro illustre primo cittadino.
Ma chi te l’ha fatto fare ? Tanto i trinariciuti torneranno.