C’è una importante quota dei giornalisti italiani che apparentemente sembra avere delle profonde lacune di geografia. I giorni precedenti alla nostra partenza per gli USA, giravano notizie che dipingevano New York sotto una coltre invalicabile di neve, con temperature polari, trasporti bloccati, aeroporti chiusi. Tra New York City e Buffalo, città dello Stato di New York dove effettivamente è venuta tanta neve, ci sono 470 km, più o meno quanti ce ne sono tra Genova e Roma oppure Genova e Monaco di Baviera.
Fatto sta, nelle ore prima di partire per New York abbiamo ricevuto messaggi allarmati di amici che, leggendo i titoli dei giornali, pensavano che il nostro viaggio sarebbe stata una Odissea. A New York quando siamo arrivati c’erano 3 gradi sotto lo zero, sereno, neppure una stilla di neve attorno. Malauguratamente i giornalisti che cercano di vendere la propria testata con notizie catastrofiche non sanno, o fanno finta di non sapere, che ci sono le webcam in diretta. Bastava guardarne una per vedere che a New York di neve proprio non se n’era vista.
Durante le normali funzioni che si svolgono appena arrivati, tipo andare a fare la spesa ed andare in un mercato del pesce per le provviste per la cena di capodanno, ho notato che l’atmosfera che si respira per le strade è quella dell’apertura delle gabbie del pollaio dopo l’inverno. Folla di gente assatanata che occupa ogni centimetro quadrato che presenti una qualsivoglia valenza commerciale. Se esistesse un negozio che vende martellate sulle dita, sarebbe affollato pure quello di turisti esagitati che si spintonano con gli occhi fuori dalle orbite mentre si fanno un selfie con il commesso che intanto li colpisce sul pollice.
Mentre lo scorso Ottobre a New York io mi ero preso qualcosa che poteva sembrare influenza e Miriam si era presa il COVID, questa volta dopo 24 ore dall’atterraggio mi è venuta febbre, tosse, solite cose tipiche delle affezioni alle alte vie respiratorie, potrebbe essere influenza nonostante abbia fatto il vaccino. Ho perso gusto ed olfatto ma i tamponi danno esito negativo, e vorrei vedere, ho finito il COVID meno di tre settimane fa. Chissà che cazzo di combinazione/variante è.
E mentre faccio il degente mi lamento delle mutande. Ne ho sicuramente già accennato ma serve un ripasso. Mia suocera per natale mi regala una batteria di mutande e calze. Miriam non le vuole portare in USA perchè sostiene che l’asciugatrice le rovina. Dunque non avendo artigli o denti nella zona inguinale, a Genova ho un cassetto che trabocca di mutande.
Qui a New York non ho ancora trovato un produttore che le faccia bene come in Italia. Ne ho due modelli, uno di Kalvin Klein e l’altro di Michael Kors. Ma entrambe hanno un problema, la striscia di tessuto che collega la parte anteriore con quella posteriore e che sottende al mantenimento della balle in posizione stabile, è troppo stretta. Potrebbe andare bene ad un neonato i cui testicoli non sono ancora scesi nel sacco scrotale, ma a me adulto finisce che le balle sfuggono al controllo e si strusciano con le gambe. Ed è una cosa oltremodo fastidiosa, impone quella manovra di riallineamento delle balle in posizione centrale che risulta poco ortodossa se implementata in presenza di terze persone.
Comuque in queste ultime 48 ore, chiuso in casa e relegato a dormire sul divano, il problema non si pone.