Solo per precisare e completare la storiella ospedaliera.

In
 conseguenza del fatto che  la mia memoria fa sempre più cagare, torno al curioso episodio di Domenica, quando per me si sono aperte le porte del pronto soccorso, per completare la storiella con elementi che sto per rimuovere per sempre dalla mia testa, e che allora scrivo qui così si perdono per sempre ma su formato elettronico.

Quella che segue è una narrazione lunga e tediosa; l’occasionale visitatore farebbe meglio a chiudere questa pagina e dedicarsi invece a far qualcosa di migliore.

Location: Central Park lato east all’altezza della 72 strada, New York NY ore 13 circa. La prima cosa che ricordo è una voce che mi diceva che mi stava mettendo un collare. La cosa mi confondeva, avevo freddo ed ero circondato da estranei che mi guardavano con interesse. Non sapevo perchè ma non avevo la forza di reagire e suggerire a questo sconosciuto, come avrei dovuto fare, di mettere il collare o le manette pelose o il cappello da cowboy a quella troia di sua sorella. Ero sdraiato ed oltre al collare sentivo che mi legavano con diverse cinghie.  Intuivo che la giornata aveva preso una strana piega, ma non sapevo perchè; avevo prenotato nel pomeriggio 60 minuti di Shiatsu e questo non rientrava nel programma, mi è però venuto in mente Hannibal Lecter.

Miriam intanto non era più convinta che fossi morto, ma in coma. La nostra amica aveva assunto un pallore giallo/verde, i suoi figli piangevano, tra i presenti ammutoliti c’era una donna che piangeva, insomma era la scena di un film drammatico, però senza alieni o sparatorie. Poco prima di riprendere conoscenza, pare che mi sia messo a balbettare parole incomprensibili. A quel punto Miriam mi vedeva già semiparalizzato su una sedia a rotelle, con lei che mi spinge ma perde il controllo e mi spedisce inavvertitamente sotto un treno merci.

Poi ho sentito che mettevano in moto una specie di motozappa, o motoslitta, un decespugliatore ma più probabilmente uno di quei mezzi che girano nel parco guidati da persone anziane, perlopiù volontarie che raccolgono le foglie. O dalla Polizia che ti insegue per prenderti a manganellate se non sei bianco. Oppure era uno di quei carretti che vendono hot dogs e gelati. Qualunque cosa fosse,  vibrava, abbiamo fatto poca strada e poi il motore è stato spento, mi hanno spostato e messo in quella che ho capito era un ambulanza. Qualcuno mi faceva domande del tipo “sai perchè sei qui, ricordi cosa è successo, come ti chiami, sai dove sei, sai che giorno è oggi”.

Credo di aver risposto esaurientemente a tutte le domande tranne “cosa hai fatto ieri” che non ricordavo non per la botta ma perchè proprio perdo la memoria. Ho avuto paura che la mia risposta vaga avrebbe comportato l’erogazione di una scossa o di una martellata sulle balle, per punizione. Ma dai, ho sentito una voce fuori campo – era Miriam – ricordi che siamo stati con Carolyn a fare lunch dal cinese ?  Poi qualcuno mi ha chiesto di stringere forte con le mie mani, le dita di entrambe le sue mani che ricordo azzurre nei guanti di lattice. Era una ragazza; non sapevo se stringere con tutte le forze o limitare la stretta in modo cavalleresco. Se stringo poco, ho pensato, questa pensa che io sia troppo debole, chiama un lottatore di Greco-romana e mi fa mettere una supposta di vitamine ricoperta con granella di nocciole. Se stringo troppo, ho pensato, questa pensa che io sia un macho che cerca di imporre la propria forza fisica su una donna, allora chiama un lottatore di Greco-romana e prima mi gonfia di schiaffi e dopo mi fa mettere una supposta di vitamine ricoperta con granella di nocciole. Poi mi ha fatto muovere le punte dei miei piedi, prima in avanti e poi verso di me.  Poi qualcun’altro mi ha chiesto se ero su “medicare” e gli ho detto di no, che avevo una assicurazione privata. In quel momento Miriam al mio fianco brandiva la carta di credito richiamando l’attenzione dei presenti perchè le ho sempre detto che se in ambulanza negli USA ti chiedono una carta di credito e tu non ce l’hai, aprono le porte posteriori, ti scaricano al suolo, se ne vanno e forse ti sparano anche. Non lo hanno fatto ma hanno studiato la mia tessera dell’assicurazione. C’era intanto un infermiere con un tablet che prendeva appunti. Ricordo tre luci potenti sopra di me. Siamo partiti e mentre mi iniziavano a fare un elettrocardiogramma, sono stato informato che andavamo al Presbyterian ed ho pensato che mi stessero portando in chiesa, forse per darmi l’estrema unzione o per lavarmi da ogni peccato. Invece il NYP è un ospedalone con un pronto soccorso più indaffarato dell’IKEA la domenica. Intanto Miriam telefonava a quelli dello Shiatsu fornendo indicazioni vaghe del tipo “mio marito ha avuto un lieve incidente e lo stanno portando in ospedale”. Pare che l’ambulanza fosse del Lenox Hill Hospital; un luogo di ritrovo per VIP dove una fasciatura al piede costa $3,000 esclusa la crema. Visto che non avevo l’assicurazione giusta, mi hanno veicolato in un ospedale più umano.

Siamo dunque arrivati nel set di una delle infinite puntate di ER (Emergency Room) che qui invece chiamano ED dove D sta per Department. Mi hanno gentilmente messo su una lettiga, abbiamo fatto un po’ di strada lungo dei corridoi ed infine siamo arrivati in una stanza con due letti. Ci aspettava una dottoressa che si è presentata e mi ha fatto tutte le domande che mi avevano fatto prima,  Miriam però mi aveva detto cosa era successo, dunque quando la dottoressa me lo ha chiesto ho prontamente risposto “someone hit me with a sledge in the park”.  Questa mi ha guardato e mi ha risposto “a sledgehammer ?” Ok, va bene, gli inglesi per dire slitta dicono sledge, gli americani sled e la pronuncia varia di conseguenza. No, nessuno mi aveva colpito con un martello da fabbro, spiritosona di una dottoressa, ma con una slitta. Poi è arrivata una infermiera. Anche questa mi ha fatto le domande di rito, credo facciano parte del protocollo per chi prende botte in testa. Nel frattempo mi ha messo su tutto il corpo una serie di elettrodi con i quali in Italia diamo corrente ad un paese di medie dimensioni, mi ha preso la pressione, mi ha infilato un ago nella vena e mi ha fatto un prelievo di sangue. Mi ha fatto i complimenti per le vene. Ero tentato di risponderle che avrebbe dovuto vedere le vene del mio cazzo ma:

  1. avrei mentito,  ormai sembrano al più capillari,
  2. Miriam non avrebbe capito l’ironia e mi avrebbe fatto le storie tese una volta rientrati a casa.
  3. Per vendicarsi della battutaccia, l’infermiera mi avrebbe ordinato chissà quale altro esame che comporta l’utilizzo di sonde ad alta pressione ed ettolitri di detersivo per lavasoviglie.

Dopo un po’ è arrivata la carissima Roberta, che intanto aveva portato i bambini a casa e li aveva chiusi a chiave nel frigorifero così avrebbero smesso di piangere. Portava con se dei generi alimentari per Miriam, che nella confusione, era rimasta a digiuno. Roberta sa che quando Miriam è in debito di zuccheri diventa pericolosa e temeva per la vita mia e per la vita di tutti quelli del reparto emergenza. Mi è stato offerto un cubetto di cioccolato, ma il collare non permetteva di deglutire tanto bene.

Miriam è uscita nel corridoio per sfamarsi ed ogni tanto passava una infermiera che le chiedeva se andava tutto bene. Miriam, agitata com’era, ha risposto a tutte “I’m OK I’m just waiting for my husband who passed away”.  Se invece di pass away (morire) avesse usato pass out (svenire) l’avrebbero guardata con meno sospetto. Quando gliel’ho detto ci siamo fatti una risata. Poi per la stanza improvvisamente si è diffuso un profumo di legna, quel profumo che ricorda una baita in montagna con il fuoco che scoppietta del camino ed un bicchiere di Brandy in mano. Avevano portato un pompiere appena uscito da un incendio. Aveva la faccia nera come in un cartone animato, ma per fortuna stava bene, era li solo a scopo precauzionale.  Era contento perchè nessuno si era fatto male, gli abitanti della casa andata in fumo erano stati portati in salvo, aveva avvisato la fidanzata di non preoccuparsi, un paio di suoi colleghi sono venuti a salutarlo. I suoi occhi erano un po’ affumicati ma nessun danno, glielo ha detto l’ennesima dottoressa giovane e molto graziosa che lo ha visitato con affetto e professionalità. A New York tutti amano i pompieri.

Nel frattempo, dopo avermi fatto gli esami, probabilmente in Amministrazione hanno fatto delle ricerche per sapere chi ero e se ero solvibile.  Immagino ci sia un responsabile che fa ricerche per capire se il paziente ha lasciato tracce in qualche banca, se ha precedenti per truffa e atti osceni in luogo pubblico, se esiste negli archivi della polizia o degli uffici immigrazione, se visita siti porno e se ha un blog dove scrive cazzate. Non so a che risultato siano giunti, però dopo 3 ore di attesa mi hanno fatto firmare una liberatoria, dove ho scoperto che, manco a dirlo, hanno sbagliato il mio cognome. Non ci riescono proprio, non è nel loro sangue, è chiaro che MENADA per loro non sembra un cognome plausibile, quella “A” finale è contro natura e pertanto chi trascrive il mio conome corregge la “A” in una bella “O” che suona molto meglio. Prima di uscire ho salutato il pompiere e poi sono andato in accettazione dove ho spiegato che il mio cognome terminava con la lettera “A”. La signora mi ha rassicurato che la correzione è stata recepita del loro sistema centrale ed ora siamo in due, io ed il signor MENADO che riceveranno due set di fatture uguali. Adesso in attesa delle fatture mi hanno dato un plico di istruzioni sul tipo di vita che avrei dovuto fare per 3 giorni (tipo non bere non guidare non fare sport da impatto non scalare montagne).

Eccomi con tutti i fili attaccati.

Update. Ho avuto uno scambio di e-mail con Roberta, vittima impotente per essere stata sottoposta suol malgrado a questa sceneggiata da telenovela. Mi ha detto che mentre ero al suolo immobile, un tizio con una macchina fotografica professionale ha scattato diverse foto. E’ noto come molte persone siano attratte dalle sventure altrui, altrimenti non si spiegherebbero le code autostradali che si formano per i curiosi che rallentano nell’opposta corsia per vedere l’incidente. Ma questo che sembrerebbe aver immortalato la scena va oltre. Escludendo qualsiasi nobile scopo, il tizio chissà, forse ha pensato che avrebbe potuto vendere le foto del morto ad un giornale locale e tirar su qualche dollaro. Non vedo altra spiegazione. Forse sono già su Facebook o Twitter o Il gazzettino Degli Avvoltoi.

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