Dopo due anni un mese e 3 giorni ho rimesso piede a New York. Sebbene io non sia propenso a concedermi sensazioni particolarmente intense, mi aspettavo di provare un po’ più di emozione quando ho percorso le varie fasi del viaggio: partenza, volo, atterraggio, interrogatorio all’immigrazione, taxi, casa. E invece zero, come se mancassi da un mese. Tuttavia non sono sorpreso del mio encefalogramma tendente al piatto, la mia materia grigia consiste in argilla perlopiù sterile e le emozioni, come l’acqua nell’argilla, filtrano molto lentamente.
La domanda oziosa che mi assale è la seguente: quanto è cambiata New York dopo due anni di epidemia ? Solo come pretesto per poter mettere qualche foto meno che mediocre, mi sbilancio con due commenti del cazzo. Disclaimer: le mie osservazioni sono soggettive, imprecise, probabilmente viziate da superficialità.
New York sta cambiando costantemente da 400 anni, dunque ho trovato nuovi grattacieli, nuovi cantieri edili giganteschi, negozi nuovi, ristoranti nuovi, e potrei fare fatica a distinguere tra normale evoluzione e condizionamento da pandemia. Però il turnover di attività commerciali è stato enormemente più intenso, ci sono molte più vetrine del solito che espongono il cartello “retail space for lease” perchè l’attività che c’era ha chiuso ed il posto è libero. Alcuni dei miei ristoranti preferiti hanno chiuso per sempre, si vedono chiaramente le tracce di una dura lotta per la sopravvivenza, un fast forward della feroce selezione naturale che già in tempi normali avviene silenziosamente senza che nessuno se ne occupi. Ma questa volta è stato diverso e sebbene ci siano segnali di ripresa, molti angoli che prima erano vivi e vitali, oggi sono ancora abbandonati e sbarrati.
I ristoranti che hanno potuto farlo, hanno messo fuori queste strutture prefabbricate dove si presume che non ci si possa trasmettere malattie. Sospetto che in realta li dentro ti prendi covid, botte di freddo memorabili, patologie respiratorie anche gravi, malattie veneree e toxoplasmosi se ti morde un topo, tutto in un serata.
Sono stato in un negozio dove Miriam fa tappa abitualmente per comprarsi la crema contro le rughe. Acido ialuronico, uranio arricchito, placenta di delfino, muco di lumaca delle Ande, secrezione intima delle api del Kilimangiaro. La trovi solo a New York e costa un botto, secondo me non serve ad un picocazzo ma guai se glielo faccio notare. Mentre lei sceglieva il colore di uno smalto per unghie ho attaccato un bottone ad una commessa. Mi dice che e stata dura, per diversi mesi hanno vissuto in una città fantasma: tutto chiuso, solo barboni e teppisti in giro, nessuno che raccoglieva la spazzatura, vetrine chiuse con pannelli di legno o anche sfondate da vandali. La scorsa estate 2021 si erano illusi di esserne usciti ed invece in autunno sono arrivate le varianti. Ma adesso, dice, il turismo ha iniziato a riaffluire, nuovi esercizi commerciali stanno aprendo e sperano in una estate come quelle di una volta, o quasi.
Turisti ? In aereoporto a Newark, arrivi internazionali, davanti a noi avevamo 2 persone (due) al posto delle 2000 (duemila) che in genere ci sono per le formalità dell’immigrazione. Eravamo anche primi e soli alla coda dei taxi, non ricordo mi sia mai successo. Se c’è qualcosa di assolutamente diverso dal normale, è il numero di gente per le strade di Manhattan. Valuterei il volume di persone che si incontra sui marciapiedi ridotto dal 50 fino al 90%. Dipende dal quartiere, in certe strade c’è più gente ma altre dove normalmente si fa lo slalom tra le persone, quasi nessuno intorno. Si vedono quasi esclusivamente abitanti palesemente locali, pendolari, gente che lavora e vetrine vuote con dentro rimasugli polverosi e pezzi di arredamento da negozio mollati sul pavimento. Questo fa impressione. In genere un negozio resta poco vacante, qualcuno arriva subito a rilevare i locali. Quelli che si vedono adesso sono vuoti da mesi e mesi.
Altre novità di irrilevante importanza. I sacchetti di plastica sono spariti dai negozi, al loro posto borse riutilizzabili o sacchetti di carta. La ragazza del negozietto del sushi mi ha chiesto se volevo il sacchetto, cosa evidente a meno che non avessi avuto 4 mani e 40 dita o avessi avuto un sacchetto piegato in tasca o nascosto tra le chiappe, e poi ha aggiunto se lo volevo con le maniglie o senza. Probabilmente con le maniglie costa di più. Mi ricordo di quando anni fa appena approdato a New York ordinavo le mie prime bistecche e mi facevano domande sul grado di cottura, il tipo di salsa, la granulometria del sale, lo spessore della parte cotta rispetto a quella piu cruda, la densità media della carne, la temperatura esterna, quella interna. Mi ero dimenticato delle sempre più numerose opzioni che vengono elencate da qualsiasi commesso quando si va in un qualsiasi negozio e sulle quali bisogna singolarmente esprimere la propria scelta altrimenti la trattativa va in stallo. Ho preso il sacchetto senza maniglie ed era tanto grande che avrei potuto usarlo come sacco a pelo, alla faccia dell’ecologia.
Adesso tutti i palazzi espongono nelle portinerie un cartello che recita più o meno “Local Law 33 Building Energy Efficiency Rating” che credo serva a migliorare la consapevolezza del cittadino bovino su quello che è l’impatto ambientale del proprio palazzo. Da noi siamo “C” che è un valore medio-basso.
Questione COVID. Molte farmacie fanno i tamponi e ci sono furgoni e tende attrezzate agli angoli delle strade che fanno tamponi gratuitamente. Ci sono negozi aperti direi negli ultimi 2 anni anche in zone residenziali che fanno tamponi rapidi in un ambiente sofisticato ed esclusivo, dove per un molecolare in giornata chiedono $350. Sono entrato per qualche informazione, la ragazza insindacabilmente gnocca al banco mi ha guardato con estrema sufficienza facendomi presente che il servizio era a pagamento mentre mi squadrava come se fossi stato vestito di foglie di banano.
Questa è la schermata di Uber sul cellulare in USA o quantomeno a New York. Se clicchi il tasto ti arriva un Uber, ti porta al più vicino centro vaccinale, ti aspetta in strada mentre ti inoculano qualche nanochip cinese ed infine ti riporta al punto dove ti ha prelevato, felice, vaccinato e ricetrasmittente. Devi avere più di 50 anni o avere patologie, non soffrire il mal d’auto, non avere reazioni allergiche altrimenti se cominci a vomitare durante il percorso probabilmente vieni scaraventato fuori e l’autista scappa nel Klondike. Miriam è attratta e fa fatica a resistere alla quarta dose. Norme anticovid: a macchia di leopardo, le mascherine sono facoltative a meno che non siano espressamente previste, come nei teatri. In un ristorante cinese ci hanno chiesto il certificato vaccinale, gli abbiamo mostrato il QR code sul telefono ed hanno fatto finta di controllarlo, ma avremmo potuto mostrare il QR code di una pizza margherita e non se ne sarebbero accorti. In altri ristoranti di mascherine e carte di vaccinazione neppure l’ombra.
La mia curiosità scimmiesca mi ha portato a presentarmi da uno di questi furgoni allestiti a laboratorio e mi sono fatto fare il tampone. Anzi due, il primo risultato mi è stato recapitato per email dopo 10 minuti, quello più preciso, il PCR arriva in 24 ore. Pioveva, eravamo in tre in coda sotto la tenda mobile. Con il telefono si scansiona un codice che permette di collegarsi ad un sito web, si forniscono le proprie generalità. Gratuito, non chiedono documenti, basta avere un telefono ed un indirizzo di posta elettronica. E’ anche facoltativo fornire il genere alla nascita, (gender at birth). Tempo totale dell’operazione, cinque minuti scarsi.
Insomma, parlando un po’ in giro mi pare di aver capito che un anno fa New York fosse letteralmente allo sbando, tutto chiuso e sbarrato, delinquenza, poveracci senza tetto ovunque, sporcizia, abbandono, vetrine saccheggiate.
Almeno in questa frazione infinitesimale della citta che ho potuto vedere, la vita sta riprendendo molto lentamente, la gente per strada e nei negozi sembra diversa, meno agitata, forse più triste ma qui entro nel campo delle sensazioni genitali. Nel supermercato sotto casa dove vado più frequentemente alla cassa ho incontrato una signora sulla sessantina che ho stentato a riconoscere, non sembra aver preso due anni, ma dieci. Nei suoi occhi molta stanchezza. Posso sbagliarmi, però questa è la sensazione globale che sto avendo di New York, una città invecchiata di colpo, stanca, che fa fatica a ritornare quella di prima.