A Fagiuolo.

Da: Enciclopedia Treccani online.

Non si sa con precisione quale sia l’origine dell’espressione. Sono state avanzate alcune ipotesi, tutte prive peraltro di riscontri convincenti. Alla base delle espressioni andare, capitare, cascare, venire a fagiolo, v’è la locuzione preposizionale a fagiolo, che significa ‘a genio’, ‘al momento, al punto giusto, a proposito’. In particolare, l’espressione più comune, andare a fagiolo, è attestata nell’italiano scritto a partire dal secolo XV. Il Tommaseo, nel suo Dizionario della lingua italiana (1861-1879), prova a formulare un’ipotesi interpretativa: «Forse dal dirsi comunemente che ai Fiorentini piacciono molto i fagiuoli».

Giuseppe Pittano, nel suo Frase fatta capo ha. Dizionario dei modi di dire, proverbi e locuzioni (Zanichelli, 1992), oltre all’opinione del Tommaseo, aggiunge quella del Passarini, un altro studioso del secondo Ottocento: il modo di dire «potrebbe anche essere stato preso dai fagiuoli, che pur si sono usati come le fave bianche e nere, per dare il voto negli squittini [scrutini], e nelle pubbliche adunanze».

Questi sei millimetri di pioggerella cascano proprio a fagiolo; quando io faccio qualche lavoro del bosco, ho sempre l’impressione – un leggero rumore di fondo – che mi dice che ho apportato delle modifiche in qualche modo fastidiose ed improprie al regolare ecosistema della zona.

La pioggia dunque apporta quel contributo benefico che sembra cancellare gli effetti collaterali dei miei interventi e dunque ristabilisce qualche forma di equilibrio, di normalità.

In questo sofisticato & prestigioso artefatto fotografico, si apprezza la differenza della zona prima e dopo il mio intervento, incluso il successivo apporto di pioggia.

Oltre all’immediato rinverdimento, si nota anche la pulizia del campo e di quella fascia di terreno dietro alla collinetta.

Ad un occhio sano la differenza non si nota. Ad un occhio servito da circuiti neuronali alterati come sono i miei, la differenza è eclatante.

E già che sto manovrando foto, ecco una altrettanto formidabile giustapposizione (parola inventata) di due foto della Pozzanghera a distanza di circa nove anni.

E gli accumuli?

Più o meno questo è l’accumulo. In effetti il radar mostrerebbe altra pioggia in arrivo, l’episodio non è finito perché il vortice insiste, sono pronto ad aggiornare, se servirà.

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Lo spazio vuoto.

Per la serie “Come se al mondo interessasse una frazione di picocazzo del mio stato di invecchiamento”. Lo spazio vuoto è quello che sempre più frequentemente si manifesta nel mio flusso neuronale. Venerdì porto il furgone a fare la revisione. Scade a settembre, questo lo so bene, ma non del 2024, bensì del 2025. Anche al ricevimento del furgone il ragazzo non se ne accorge. Ma se ne accorge il funzionario della motorizzazione. Due viaggi a vuoto.

Quando riprendo il furgone, il ragazzo mi da il libretto ed andiamo a recuperare il mezzo che è nel parcheggio a fianco dell’officina. Vengono tolte le copertine di plastica che coprono il sedile ed il volante a guisa di igiene e salvaguardia da mani unte e con scabbia dei meccanici.

Salgo sul furgone e mi dirigo verso casa. Dopo un paio di chilometri vengo colto dal dubbio; non ricordo di aver messo il libretto nel vano portaoggetti. Mi fermo in uno spiazzo e controllo ovunque. Il libretto non c’è. Torno in officina. Chiedo al ragazzo il quale mi conferma quello che ricordavo, ossia sono uscito dall’ufficio con il libretto in mano.

C’è molto vento, immagino che il libretto mi sia caduto salendo sul furgone e mi metto a cercare secondo uno schema che potrebbe avere una certa logica.

L’area interessata allo smarrimento. Fonte Gugolmeps.

Dopo un quarto d’ora di ricerche vane, torno dal ragazzo che, riconoscendo il mio stato di anziano rincoglionito, decide di unirsi alle ricerche. Evidentemente mi sono dimenticato che il vento avrebbe potuto provocare un “eddy”, uno stupido mulinello che ha mandato il libretto dalla parte opposta del vento. Mentre io cercavo invano nella direzione sbagliata, il ragazzo dell’officina lo ha trovato. O è un esperto canoista, o ha una laurea in fisica dei fluidi, oppure ha più fantasia ed immaginazione di me.

Mi resta il dubbio di come io abbia potuto perdere il libretto di circolazione mentre percorrevo quella quindicina di metri a piedi. Lo avevo tra le dita, ho avuto uno spasmo alla mano? Ho provato a metterlo in tasca con il timore che potesse volare via ed in effetti è volato via. Ma quando ho messo in moto dov’erano i miei neuroni e perchè mi hanno segnalato che c’era un blackout cognitivo solo dopo diversi minuti?

Qualche goccia della bassa pressione che sta facendo danni in Austria e Polonia in questi giorni e Gastone.

Che nel giro di un minuto si è spostato sul molo.

E poi di nuovo sulla sponda. Vedo con piacere la pioggerellina che riporta l’umidità a valori noiosi per gli esseri umani che hanno pretese di clima perfetto, ma bene per il terreno che con il vento di caduta di giorni scorsi aveva iniziato a seccare visibilmente.

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Il boschetto.

Quando acquisimmo il terreno prospicente alla cascina, era un piatto campo coltivato a grano, loietto, colza o simili.

Adesso in un angolo del campo c’è una collinetta di terra riportata ed un boschetto, figlio di quelle poche piante che misi a dimora una quindicina di anni fa. Non ho mai interferito con la crescita incontrollata di querce, acacie, carpini fino a ieri. Molti alberi sono cresciuti uno a fianco dell’altro, alcuni alberelli mostrano segni di decadimento e sofferenza per la troppa vicinanza con un albero che invece cresce robusto. Ne ho tagliati una decina. Non mi piace tagliare gli alberi, ma così facendo spero di assicurare una crescita migliore a quelli che sono rimasti, anche se in molti casi sono ancora troppo vicini. Ho “aggiustato” poco più di cento alberi, grazie ed uno sforzo ciclopico adesso l’area è sistemata e per qualche anno dovrebbe crescere tutto regolarmente senza problemi. Ho eliminato i rami bassi, i polloni, i rami secchi e quelli sprorporzionati. Adesso sono pieno di graffi, abrasioni e penso di avere almeno due spine nelle mani, le acacie non perdonano. Ma il lavoro andava fatto.

Questo è un caso in cui invece non ho tagliato nulla. Una piccola quercia che ho messo io a dimora, sulla sinistra, sta crescendo robusta. A meno di 50 centimetri è cresciuto un ciliegio selvatico. I due sembrano andare bene insieme, alcuni rami sono intrecciati ma entrambe le piante sono robuste e non sembrano dar segno di disagio o sofferenza per colpa del vicino. Questo è un caso eclatante, ma sono diverse le situazioni in cui due alberi di specie diverse stanno crescendo uno a fianco dell’altro. Il segnale è fatalmente “wokeccazzo” e si potrebbero fare dei parallelismi tra il mondo vegetale e quello di noi scimmie con le scarpe.

Questo è il Cerchio Inutile, a sinistra si intravede la Collinetta Incolta. Entrambi gli eperimenti sono in evoluzione e sono moderatamente soddisfatto di come le cose procedono.

Alcune stronzate di corollario. Come credo la maggioranza della gente, spesso mi salta in mente una canzone a caso e la canticchio ossessivamente senza nemmeno pensarci per ore. la pulizia del boschetto mi ha immediatamente innestato una canzone di Elio e le Storie Tese.

Nel boschetto della mia fantasia c’e’ un fottio
Di animaletti un po’ matti inventati da me
Che mi fanno ridere quando sono triste
Mi fanno ridere quando sono felice
Mi fanno ridere quando sono medio
In pratica mi fanno ridere sempre
Quel fottio di animaletti inventati da me

C’è il vitello con i piedi di balsa, il vitello con i piedi di spugna
E indovina chi c’è? C’è pure il vitello coi piedi di cobalto
C’è il vitello coi piedi tonnati, quattro ne ho inventati
Sono gli animali della mia e della tua fantasia

Ma un giorno il vitello dai piedi di balsa
Si recò dal vitello coi piedi di cobalto
Gli disse: “C’è il vitello dai piedi tonnati
Che parla molto male di te”
Sostiene che i tuoi piedi non sono di vero cobalto
Ma sono in effetti quattro piedi di pane
Ricoperti da un sottile strato di cobalto

Mio caro vitello dai piedi di balsa
La tua storia è falsa
L’amico vitello dai piedi di spugna
Mi ha svelato la verità
Egli ha nascosto una microspia
Nei tuoi piedi di balsa e nei piedi tonnati
Così ha scoperto che tu, solo tu
Sempre tu, anche tu
Nient’altro che tu, proprio tu

Sei il vitello dai piedi di balsa
Inventore di una storia falsa
Accusavi il vitello dai piedi tonnati
E per questo i tuoi piedi saranno asportati

Ma la legge prevede una pena aggiuntiva
Per questo reato: l’ascolto forzato di…

Nel boschetto della mia fantasia
Ora c’è un vitello senza più i piedi che invoca pietà
Quand’ecco che un piccolo amico si avvicina
Mi presento, son l’orsetto ricchione
E come avrai intuito adesso ti inculo
.

In particolare l’ultima strofa mi è risuonata come un mantra per tutta la giornata. Qualche giorno fa mi era capitata una vecchia canzone di Rocky Roberts dal nome “Stasera mi butto” che viene bene anche per spaventare Miriam se gliela intono ad alta voce improvvisamente mentre sale le scale.

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Una cifra.

Prima mattina con temperatura 9.1 gradi. Nebbiolina che ha lasciato il posto a rugiada.

Rabbocco di carburante al trattore. Questa volta è davvero gasolio, ho controllato prima.

Credo sia buono, avrei dovuto guardare sotto la cappella per vedere se c’è materiale spugnoso o lamelle rosa. Solo nel secondo caso sarebbe stato commestibile, ma non so se fidarmi, lo lascio li per gli animali che se lo mangeranno ristabilendo così l’ecosistema globale.

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Le alghe nere.

Anche quest’anno sono comparse improvvisamente ed in gran numero. Sono forse alghe morte che risalgono in superficie. Oppure qualsiasi altra cosa viva, malata oppure deceduta. Da vicino il grumo di materiale vanta un aspetto peloso. Sono sicuro che se vado a cercare on line scoprirò che sono velenose, mortali, aggressive e piene di rancore.

A proposito di rancore, sono tornato a Genova per qualche giorno. La città dell’invidia e del sospetto mi ha accolto con caldo umido, traffico ed un litigio stradale tra due automobilisti che spero sia finito a coltellate.

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Inevitabile apologia all’autunno.

Basta una giornata così e mi dimentico delle temperature roventi dello scorso luglio-agosto 2024. Fatalmente ecco una breve cronaca della prima perturbazione atlantica di questo autunno 2024

Piove senza eccessi, pioggia moderata e continua, insomma autunno. Con un paio di eccezioni, tutti gli alberi nuovi sembrano aver superato l’estate senza venir strinati dal sole, almeno così sembra salvo brutte sorprese.

Questa foto vince il Plutzemberg per “banale e vista 1000 volte”.

Questa invece vince il premio “Pozzanghera” nella categoria “E basta ninfee, cazzo”. Ma è un classico della pioggia e vale la pena ripeterlo ad oltranza.

Il mio spacciatore di porcini mi ha venduto i primi della stagione 2024. Vengono dall’entroterra di la Spezia. Mi ha detto che non sapeva come fossero. Erano buonissimi, oppure è il down da porcini che mi assale quando arrivano le prime piogge settembrine.

Questa noiosa sequenza prosegue con il tentativo di fare una foto “particolare”, ma non c’è nulla di particolare in questa roba che non si sia già visto, con risultati molto migliori, milioni di volte.

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Foto di vegetali e di pesci.

Le piante di ninfea che proliferano nella Pozzanghera sono quattro. I numerosi semi che avevo gettato in due riprese non hanno germogliato, non so quale errore io abbia fatto, ma sospetto che dalla Cina mi siano arrivate delle cacche di coniglio, altro che semi di ninfea. Queste invece sono piantine prese da vivaio, buttate nell’acqua, hanno attecchito.

Ho iniziato a contare le foglie, sono andato avanti per un po’ ma con difficoltà e risultati scadenti. Mi sono poscia fermato, colpito dalla suprema inutilità della cosa.

Però ho valutato che contare le foglie fosse si un esercizio cretino ed inutile, ma con il metodo giusto sarebbe stato fattibile. Con photosperm ho messo su ogni foglia un puntino colorato, 10 foglie vicine per ogni diverso colore. Ho contato i colori, facile, e sono arrivato a 230 foglie, numero non esatto ma abbastanza vicino alla realtà.

Il Platano inizia ad assumere la propria livrea autunnale. La frase mi sta sui coglioni perchè la si sente ripetere come una litania ogni inizio di autunno. In più la foto è banale e traccia un evento altrettanto banale e scontato, ma è il mio unico Platano.

Le foglie del Platano bruciando fanno tanto fumo che crea questi effetti bosco delle fate e sticazzi in salmì. Potrei spacciarla per una tecnica fotografica che vede i fotoni. A mia madre, quando mi faceva studiare da bambino, veniva il fotone.

Questa invece è una storia triste. Sulla Pozzanghera ci sono molte alghe galleggianti. Ogni tanto vengo preso dal fuoco della pulizia e dell’ordine e decido di toglierne un po’. Ne ho rimosse mezza carriola, corrispondente a qualche metro quadro di superficie.

Quando ho svuotato la carriola ho trovato questo mini pesce. In questa foto giace immobile tra la linea della fertilità e quella del funzionamento epatico. Si vede anche la linea del diametro delle mie balle.

Insomma, non rimuovo più le alghe perché apparentemente sono abitate da questi pescetti. Ho scartato l’idea di rimuovere tutte le alghe e fare una frittura. Frittura della Pozzanghera sede del campionato Lemme inferiore di canoa.

Vista su Instagram. Davvero vale la pena salvare questa tabella.

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ROI notevole su conseguenze di acquisizione asset.

Questo per far vedere che ho ancora reminiscenze di contabilità generale. Ho acquistato per €199 una motosega elettrica, raramente ho fatto un investimento così utile fin da subito.

Ho immediatamente tagliato due Olmi di cui uno completamente secco ed uno quasi completamente secco. Ho ricavato un po’ di legna per l’inverno ma soprattutto ho aperto uno spazio che, secondo i teoremi degli Indiani Cherokee, va subito riempito con un nuovo albero che prenderà lo spirito degli alberi morti.

Liquidambar styraciflua con già i colori autunnali.

Sono ricaduto su un Liquidambar. Qualche anno fa ne avevo messi tre che però sono morti uno dietro l’altro e non so perché. Volevo prendere una Quercia Colonnare o Fastigiata, ne ho due che sono diventate bellissime e volevo ripetere. Il mio vivaio preferito ne aveva una sola, ma alta più di cinque metri. L’ho acquistata – quella specifica pianta pare abbia anche una storia affettiva per il vivaista – aspetterò Novembre per trapiantarla.

Però DOVEVO mettere una pianta nuova, ed ecco la scelta ricaduta su una versione che cresce molto in altezza e poco in larghezza, proprio quello che volevo.

Quando prendo una pianta dotata di foglie, inizia il patimento per il trasporto. Ho sicuramente già raccontato questa circostanza, ma sono vecchio ed ho il diritto di ripetermi. Il vivaio dista 9,5 Km dalla Pozzanghera. Le foglie sul pick-up sono esposte al vento durante il tragitto. Patisco quando guardo nello specchietto retrovisore e vedo rami e foglie sballottate, penso che la pianta soffra.

Allora vado piano, non supero i 60Km orari e dietro di me può formarsi una coda di automobilisti ed affini. Durante il viaggio tra strade provinciali e comunali vengo superato da:

  • La nonna con i capelli bianchi che guida ad un centimetro dal volante ed ha con se il nipote neonato nel passeggino.
  • Il signore con cappello che si intravede appena.
  • Tutta “La Ciclistica San Cristoforo” tra cui ci sono anche dei bambini.
  • Un carro pieno di fieno trainato da due buoi.
  • Una mietitrebbia.
  • Una Audi cattivissima il cui guidatore mentre mi supera mi guarda con odio. Anche l’Audi mi guarda con odio.

A breve scaverò il buco e metterò la nuova pianta a dimora. Naturalmente, come è nel mio stile, sarà troppo vicina ad almeno altri tre alberi e neppure troppo lontana dalla Sequoia della California. Sorry motherfuckers, a me piace così.

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Severi ma scemi.

Su facebook trovo questa pubblicità. Eh si, una gnocca in primo piano, con filiberta in evidenza e pure le tette. Ritaglio la pagina e la metto immediatamente come post. Passano 30 secondi a dir tanto ed il software infallibile di Facebook mi stana.

Hanno perfettamente ragione; c’era proprio una FILIBERTA in primo piano. Peccato che era una pubblicità mostrata da voi, o quanto meno che era scappata al vostro non-così-efficiente software “scova-figa”. Su “arte interessante selezionata da esperti per appassionati di arte” si potrebbe spendere qualche commento ironico, ma anche scontato, evito.

Rubata foto alla coppia di caprioli che vivono nelle vicinanze. Avranno sicuramente tranciato il cavo anti suini ma devo ancora fare il giro di ispezione. Il rientro a Basaluzzo con 32 gradi è meno peggio di quanto avrei potuto pensare. Ci sono alcuni alberi in sofferenza ma nulla di imprevisto, la Pozzanghera è quasi piena, nel pluviometro c’erano una cinquantina di millimetri, più di quanto avevo letto nella stazione ARPA locale. Ci sarebbero diversi lavori da fare, ma per il momento il jet lag e qualche sintomo influenzale, negativo al tampone COVID, mi consigliano prudenza e di prendermela con comodo. Quando rientro a Basaluzzo dopo una assenza prolungata, impiego qualche giorno a sintonizzarmi con alberi ed altra roba vegetale. Mi sembrano sani, poi mi sembrano malati, mi sembra tutto secco, poi meno secco.

Qualche amico incontrato al mio ritorno dagli USA mi chiede come è la situazione politica in USA. Appena inizio una tiritera con la voce lamentosa che promette di durare ad oltranza, si accorgono dell’errore e cercano di rimediare interrompendomi con altre domande più leggere, del tipo “cosa avete mangiato?” e “faceva molto caldo?”.

Ho fatto alcuni lavori secondari. I Tigli intorno alla cisterna stanno crescendo e dunque seccano i rami più interni. Così facendo, la pianta può destinare tutte le energie alle foglie più esterne che prendono più sole. I rami secchi non disturbano la pianta, ma disturbano me, ed allora li taglio. Questa dei rami secchi è una delle mie teorie inventate di sana pianta, ma fintanto trovo un esperto vero che mi conferma che non capisco un picocazzo di alberi, continuerò ad inventare. Sono solo moderatamente soddisfatto del risultato perché ci sono ancora diversi rami secchi per aria. Ma i 33 gradi con il cielo velato sono opprimenti e non mi hanno permesso di terminare il lavoro. Spero che i prossimi giorni le temperature massime scendano un poco, ma le mappe sono incerte.

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Appesi.

Ed ecco una imperdibile didattica su come vengono eseguiti i lavori per sistemare i fottutissimi mattoni in facciata. Ogni cinque anni un dipendente del comune si apposta da qualche parte con un binocolo come Vile C. Coyote ed esegue una ispezione visiva per verificare se ci sono mattoni fessurati o pericolanti. L’ispezione viene effettuata con la supervisione di un tecnico pagato dal condominio, il tecnico costa come una autovettura nuova di medie dimensioni.

Viene sistemato un ponteggio sul tetto, si parte dall’alto e si scende fino al primo piano, la colonna in gergo si chiama “drop” che non è un termine scevro da ironia, poi ci si sposta lateralmente per fare una striscia successiva. Il tutto accompagnato da un concerto di martello pneumatico, flessibile, colpi di varia natura dati a caso. Nella foto si vede anche il costruendo nuovo ospedale, consegna nel 2025. Miriam è contenta della nuova struttura e sta pensando di chiedere se può mettere una zip-line che dalla nostra camera da letto si infila direttamente nella accettazione.

Il ponteggio è come questo che è stato montato sul terrazzo della vicina di sotto, la quale è scappata nel New Jersey per evitare di vedere lo scompiglio a casa sua.

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