Breve visita dell’Alta delle Azzorre.

L’alta pressione così detta “delle Azzorre” negli ultimi tre decenni si è abbastanza dileguata dalla scena europea. Invece in queste 48 ore ha fatto una effimera ricomparsa con due giorni e mezzo di sole caldo ma ventilato, asciutto, insomma il meglio che ci si può aspettare da una alta pressione. Una volta la chiamavano “estate italiana” o qualche stronzata del genere.

Che poi, a ben vedere, questa è leggermente più a nord di quella antica, tuttavia si può dire che sia proprio lei. Poi si trasforma in una bolla tra la Scozia e la Norvegia che proprio non è normale.

Cos’è normale ? Secondo il tempo dei nostri nonni, quella macchia rossa dovrebbe essere circa millecinquecento chilometri più a sud. Vabbè, questo è il nuovo normale, o meglio, è il normale transitorio verso una nuova normalità che probabilmente continuerà ad evolvere verso normalità imponderabili e sconosciute. Prendiamo quelle che viene. Per il momento il dannato anticiclone nord africano non sale, questo è bene.

  • La Fauna della Pozzanghera.

Dei Caprioli ho già detto abbastanza. Simpatici ma quando mi uccidono gli alberelli scorticandoli, mi sono molto meno simpatici. I Cinghiali mi hanno costretto ad recintare un ettaro di terreno per evitare che arassero il prato, per il momento se ne stanno tranquilli anche perchè un paio sono saltati sulle mine. Le volpi si fanno vedere di rado. Lupi per il momento non ne ho visti ma so che ci sono.

Dalla Panchina Zen sopra la pozzanghera ho assistito con Miriam alle seguente scena. Arriva un animale dietro il Cerchio Inutile. Miriam dice “un capriolo!” Però piccolo, quasi nano. No, è una volpe. No, non ha le orecchie da volpe. Insomma, era una bella lepre, rossastra, che se ne sta tranquilla sull’erba a farsi una riga di cazzi suoi. Arriva una grossa cornacchia e si posa a pochi metri. Poi inizia a saltellare verso la volpe, la quale per un po’ non se la fila, ma poi scatta verso la cornacchia che vola pochi metri più in la. La lepre la insegue ed il volatile sembra proprio che la stia prendendo in giro, letteralmente, perchè vola rasoterra in circoli a bassa velocità, la lepre dietro. Mezzo minuto così e poi sono spariti dietro la collinetta. Le cornacchie non mangiano le lepri, le lepri non mangiano le cornacchie. A noi hanno dato l’impressione che giocassero.

Per parlare un po’ della Pozzanghera e della fauna locale, ecco una rumorosissima rana. Ma quelle migliaia di futuri – rospi neri, dove sono finiti ?

Altra pianta di ninfea, altra rana. Ed un bel numero di creature che vivono intorno. Si vedono le onde concentriche di almeno due altri esseri viventi sott’acqua che sono venuti in superficie. Quei pescetti misteriosi ? Altre rane ?

In questa immagine orrenda (per qualità fotografica) mostro il tiglio che ha bisogno di un tutore perchè quando c’è vento la pianta si muove in modo strano mostrando la frattura del tronco poco sopra il colletto. Speriamo che non vengano quelle botte di Ostro estivo (verranno certamente) e piuttosto che il tutore regga bene.

Tengo gli attrezzi in un casotto di legno che poggia su travi di legno sul terreno nudo. In mezzo al pavimento c’è una piccola botola che protegge un rubinetto semi interrato che apro quando devo convogliare l’acqua della cisterna in un tubo che corre per un centinaio di metri fino ad una bocchetta dalla quale attingo per irrigare alcune piante.

Mi serviva acqua ed ho aperto la botola. Sono rimasto un attimo incerto, ho istintivamente pensato al solito formicaio, un vespaio, un nido di qualche insetto molesto. Invece è una mamma Riccio che si è costruita un nido dove presumo a breve avrà i piccoli. Si è leggermente mossa ma ho richiuso subito (poi ho riaperto solo per fare la foto) L’istinto è di accarezzarla ma mi sono trattenuto, per il suo bene ed il mio. Se verranno fuori i cuccioli spero di riuscire a fotografarli.

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Ecco i funghi.

Devo trovare la ricetta per fare il sugo con questi Gambisecchi. Lo facevo da bambino in campagna a casa dei nonni, mi sembrava il cibo più buono del mondo. Dopo la pioggia e le temperature miti, ecco i funghi. Non è un evento eccezionale, ma ne ho visti tanti, ed ho visto anche le Loffe, piccoline.

Non so cosa sia questo oggetto intercettato da una webcam. Una supposta con le ciglia mi sembra una possibilità abbastanza solida.

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Il Censimento degli Alberi.

Approfittando di una pausa della pioggia, sono andato in giro con una app che consente di contare diversi elementi toccando con il dito in una apposita casella. Altro che foglio di carta e matita, ormai si fa tutto con le app.

Mi sono limitato ad andare in giro sulla piana intorno a casa contando solo gli alberi che ho messo a dimora e che oggi sono alti almeno due metri. Non sono andato a contare le piante che ho messo intorno alla strada carrabile che scende fino alla “provinciale”, una trentina a memoria ma ne sono sopravissuti pochi. Non ho contato gli oltre 100 noccioli. Non ho contato gli alberi morti. Non ho contato i circa 300 alberelli sopravissuti tra quelli che acquistai nel vivaio della Forestale tre anni fa ma che ad oggi raggiungono a malapena un metro e mezzo di altezza.

Ecco l’elenco in ordine numerico decrescente.

  1. Acacie: 93
  2. Querce: 52
  3. Tigli: 38 (Cordata, foglia piccola e Tomentosa, foglia grande)
  4. Carpini: 21 (Betulus a forma tondeggiante e Piramidalis a forma conica)
  5. Aceri Saccarini: 19 (in realtà ho almeno tre famiglie diverse, solo alcune sono sicuramente Saccarini, gli altri, boh ?)
  6. Aceri Campestri: 9
  7. Frassini: 6 (di cui almeno 4 augustifogla, uno americano ed uno non so, nacque in un vaso al Righi)
  8. Platani: 2
  9. Aceri Platanoidi: 2
  10. Siliquastri: 2
  11. Cedri: 2 (Atlantico)
  12. Pruni Pissardi: 2
  13. Pioppo Cipressino: 1

Per un totale di 249 alberi; alcuni ormai sono belli grandi, altri sono ancora alberelli, alcuni sono un po’ rovinati e stentano a crescere come i consimili. Ne ho dimenticato sicuramente qualcuno, ma direi che ai fini statistico-stocazzi questo risultato mi può bastare.

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Bene.

Continua la fase piovosa senza eccessi. Fa freschino per essere a metà Maggio, c’è anche un po’ di vento da nord. Il biologo, interrogato sul perchè i picchi si accaniscono contro quel Tiglio e solo sul lato del tronco verso nord, mi ha risposto che “evidentemente ci sono insetti che mangiano il legno e dei quali il Picchio si nutre”. Avrà ragione lui, essendo uno studioso, ma mi resta qualche perplessità. Ho in mente di fare un censimento degli alberi ma adesso il tempo è avverso , qualsiasi passeggiata all’aperto con carta e penna è altamente sconsigliabile.

Questa carta dei fenomeni meteorologici è un incredibile passo avanti nel senso della globalizzazione della galassia; tre regioni d’Italia che per altre cose si litigano e si guardano dall’alto verso il basso reciprocamente, diverse per come mangiano e come parlano. Una di queste parla persino un’altra lingua tendente al Francese e si sente facente parte di una entità nazionale a se stante. Eccole unite in un foglio con i dati di una sola rete di stazioni meteo. La parte inferiore è riferita a Basaluzzo, ovviamente.

Non che le regioni confinanti non abbiano le proprie reti, ce le hanno eccome. Ma per vedere le stesse informazioni bisogna passare la frontiera e cercare su altri siti web. Un sito nazionale ? Si, c’è una rete amatoriale che funziona bene, ma vive dei propri soci e delle loro stazioni meteo, non può certo vantare una accuratezza dei dati che in teoria dovrebbe essere garantita dallo Stato.

La mappa della rete Meteonetwork

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Piove con una sorta di allertina.

Gialla per l’esattezza, domenica 20 Maggio. Piove in effetti ma per il momento solo moderatamente ed i miei corsi d’acqua di riferimento sono totalmente asciutti o al massimo con un po’ di acqua sindacale.

Il totale di questa fase perturbata ormai si aggira sui 50 mm. di pioggia, distribuiti in più giorni e dunque in modo ottimale, non si spreca nulla ed appunto i torrenti sono asciutti perchè l’acqua si ferma nella terra asciutta. E spero ne scenda un po’ anche nelle falde anche se il ritorno di acqua si aggira con un ritardo di trenta giorni dalla precipitazione. Me lo disse l’esperto di pozzi e trivellazioni.

Il mio riferimento più locale è una roggia che riceve l’acqua da parte della piana che si vede oltre la Pozzanghera. Quando c’è acqua vuol dire che il terreno è saturo, si formano ruscelli che finiscono in un avvallamento che scende verso il torrente Lemme. In passato questa roggia di acqua ha provocato qualche piccola esondazione limitata alla strada provinciale ma nulla di rimarchevole. Adesso è totalmente asciutta.

Questo è il tronco di un Tiglio. E’ come se fosse stato preso a mitragliate, ma in realtà penso sia un picchio che per qualche ragione si accanisce contro questo esemplare. Non fa segni che penso possano essere dannosi, ma perchè lo fa e solo da un lato del tronco, per me è misterioso. Chiederò agli esperti.

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Problem solver.

Problema: quando la pioggia cade di stravento, si bagna la lente della ultima webcam Pozzanghera 2.

La cosa è ovviamente oltremodo fastidiosa e non è un episodio isolato, contando sul fatto che nei prossimi mesi ed anni continui a piovere, potrebbe ripetersi.

In fase di installazione della webcam, avevo preso in considerazione il problema ed il mio neurone tecnico aveva valutato una possibile soluzione.

Il palo di legno che sorregge la webcam è uno di quelli che viene usato comunemente in aree rurali per tirare linee telefoniche o della corrente elettrica. La punta è sagomata in modo da impedire ristagni di acqua, in più è tagliata in maniera che non ci siano bordi ad angoli acuti, che si sfalderebbero velocemente. Questo accorgimento comporta il fatto che se dovessi inchiodarci sopra una tavolozza di legno, questa sarebbe troppo inclinata ed in più avrebbe un piano di appoggio convesso ed irregolare.

Allora il mio neurone mi ha proposto una soluzione che ho voluto qui disegnare in alta definizione e prospettiva tridimensionale. Quattro viti senza fine, ciascuna con tre serie di bulloni, quelli inferiori che fissano la vite al palo, i due superiori che tengono in posizione la copertura di legno.

Dovrò salire sul palo armato di trapano, la messa in opera presenterà difficoltà non da poco. Poi la tavola di legno diventerà casa per uccelli o calabroni o ragni violino o serpenti, lucertole insomma qualsiasi altra creatura che troverà un posto ideale per installarsi.

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Ufi.

Plurale di UFO, sostantivo maschile. La sintassi mi è nemica e pure gli acronimi. Due recenti immagini delle webcam. La prima mostra – angolo alto a sinistra – una nuvola a forma di coccodrillo che insegue un pollo già senza piume. La seconda inquadra un globo nero che potrebbe essere una mongolfiera o qualsiasi altro oggetto volante.

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Oggi un po’ di codici.

A parte il recente, fondamentale intervento di un vero programmatore di pagine web per poter mostrare le mie ultime webcam, le mie pagine web stanno in piedi per dei programmi che ho scritto io e modificato nel corso degli anni. La quarta webcam di Basaluzzo ha richiesto un lavoro di manutenzione ed adeguamento che solo io sono in grado di fare. O per essere più precisi, nessun programmatore serio scriverebbe delle paginette amatoriali come le mie. Le farebbe in modo totalmente diverso e non ci penserebbe neppure ad aggiustare le mie. Uso un linguaggio macchinoso ed arcaico oltre che da prima elementare.

Oggi ho trovato le condizioni per mettere a posto le quattro pagine modificando i link che richiamano alla “1”, la webcam sul tetto. La “2”, la webcam degli alberi. La “3”, la webcam della Pozzanghera fangosa originale ed in fine la “4” che è quella sul palo. La numerazione rappresenta l’ordine temporale con le quali sono state installate.

I primi tentativi non sono andati a buon fine; le webcam non si chiamavano tra di loro, ma si richiamavano “ad minchiam”, oppure chiamavano pagine inesistenti o documentari sui castori o erano link a se stesse. La minuscola immagine che mostra i numeri da 1 a 4 era troppo grossa, poi era sfuocata, poi era scritta male. Non mi ricordavo neppure come fare per rendere l’immagine funzionante con i link. Ho sbagliato tutto quanto potevo sbagliare.

Perchè il mio cervello crea banchi di memoria in posti talmente nascosti che poi non riesce più a trovare, non subito quanto meno. Al terzo, o quarto rifacimento totale del pacchetto di cambiamenti, forse funziona tutto. Ma non sarei così sorpreso se alla mezzanotte si sbalestrasse nuovamente, perchè a volte riesco anche a fare casini a scadenza.

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Ho scritto queste righe decine di volte, ma dopo qualche mese di inattività non mi ricordo nulla, allora devo cercare un programma che funziona e copiarlo facendo le modifiche che si rendono necessarie e non la imbrocco MAI alla prima o alla seconda e spesso neppure alla terza. Ma soprattutto, per tutto quanto sopra,

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Papaveri rossi.

Io amo i papaveri. Non a caso ne ho recentemente seminato un bel numero, ma comunque nascono spontanei e si moltiplicano in modo esponenziale. In questi giorni i prati si stanno riempendo.

Earworms or stuck song syndrome

Recurring tunes that involuntarily pop up and stick in your mind are common: up to 98% of the Western population has experienced these earworms. Usually, stuck songs are catchy tunes, popping up spontaneously or triggered by emotions, associations, or by hearing the melody.

Questo ovviamente succede anche a me. Ultimamente mi ricordo di aver passato una intera mattinata canticchiando mentalmente il motivo del programma televisivo “Portobello” di Enzo Tortora. La gamma spazia ampiamente tra generi diversissimi.

Questi papaveri rossi comparsi quasi nottetempo sulla collinetta che contorna la Pozzanghera mi hanno stimolato un qualche cluster neuronale che contiene la canzone di Fabrizio De Andrè “La Guerra di Piero”. Sono diversi giorni che non riesco a non canticchiarla in testa. Forse ne ho già parlato, perchè questo mi succede invariabilmente ogni anno quando vedo i primi papaveri spuntare tra l’erba della tarda primavera.

Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa, non è il tulipano
Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
Ma son mille papaveri rossi

Lungo le sponde del mio torrente
Voglio che scendano i lucci argentati
Non più i cadaveri dei soldati
Portati in braccio dalla corrente

Così dicevi ed era d’inverno
E come gli altri verso l’inferno
Te ne vai triste come chi deve
Il vento ti sputa in faccia la neve

Fermati Piero, fermati adesso
Lascia che il vento ti passi un po’ addosso
Dei morti in battaglia ti porti la voce
Chi diede la vita ebbe in cambio una croce

Ma tu non lo udisti e il tempo passava
Con le stagioni a passo di giava
Ed arrivasti a varcar la frontiera
In un bel giorno di primavera

E mentre marciavi con l’anima in spalle
Vedesti un uomo in fondo alla valle
Che aveva il tuo stesso identico umore
Ma la divisa di un altro colore

Sparagli Piero, sparagli ora
E dopo un colpo sparagli ancora
Fino a che tu non lo vedrai esangue
Cadere in terra a coprire il suo sangue

E se gli sparo in fronte o nel cuore
Soltanto il tempo avrà per morire
Ma il tempo a me resterà per vedere
Vedere gli occhi di un uomo che muore

E mentre gli usi questa premura
Quello si volta, ti vede e ha paura
Ed imbracciata l’artiglieria
Non ti ricambia la cortesia

Cadesti a terra senza un lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che il tempo non ti sarebbe bastato
A chiedere perdono per ogni peccato

Cadesti a terra senza un lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che la tua vita finiva quel giorno
E non ci sarebbe stato un ritorno

Ninetta mia, a crepare di maggio
Ci vuole tanto, troppo coraggio
Ninetta bella, dritto all’inferno
Avrei preferito andarci in inverno

E mentre il grano ti stava a sentire
Dentro alle mani stringevi il fucile
Dentro alla bocca stringevi parole
Troppo gelate per sciogliersi al sole

Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa, non è il tulipano
Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
Ma sono mille papaveri rossi

Questa meravigliosa canzone non ha bisogno di presentazioni. Però mi tocca personalmente. Il fratello di mio padre, Piero, Alpino della Divisione Cuneense, Battaglione Saluzzo, 22a Compagnia, partì per il fronte russo senza più ritornare e dorme, realmente, sotto i papaveri in un ex campo di prigionia in Russia.

E’ probabile che ne abbia già accennato su queste paginette, ma la storia che lo riguarda è incredibile per come si è svolta e per come è tornata casualmente alla ribalta dopo cinquantanove anni dalla sua morte, complici attori straordinari che in qualche modo hanno avuto a che fare con lui.

E’ tutto on line, foto, racconti, documenti; basta cercare.

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Un bel Maggio.

Il riscaldamento planetario per effetto delle emissioni di gas serra da parte dell’uomo è un fatto che mi sembra innegabile, ma tanto non gliene frega un cassettone a nessuno e chi invoca i normali cicli climatici e nega la possibilità che la nostra razza sia direttamente responsabile, fa bene perchè vive più tranquillo.

Io però mi documento ed essendo abbonato a “Epistassi Moderna” mi sono fatto una idea su come girano le cose. Tutti i giorni l’atmosfera terrestre fa sforzi enormi per mantenere, per ristabilire un equilibrio che il continuo l’alternarsi del giorno e della notte scombina sempre. L’equilibrio è impossibile ma in fin dei conti non è neppure un obiettivo di tutto il sistema che anzi grazie agli squilibri si arricchisce. Se noi volessimo raggiungere un equilibrio che garantisse un clima assolutamente stabile e prevedibile giorno dopo giorno, ad esempio nel Nord Ovest italiano, vorrebbe dire che viviamo di qualche equazione lineare. Malauguratamente per i previsori, di equazioni ce ne sono a carriolate, sono tutte interdipendenti, si scambiano costanti e variabili come nulla fosse ed in più non sono affatto lineari. Ecco perchè fare previsioni oltre cinque giorni è un esercizio molto spesso di fantasia e sapere come sarà il clima tra un anno è assolutamente, categoricamente, inevitabilmente e fatalmente come lanciare i dadi dalla finestra.

L’apporto di gas serra derivante dalle attività di questa razza umana, unica nel suo genere, è certo come la forza di gravità, ma stabilire come saranno gli effetti è facile come svuotare un big-bag di piume da un grattacielo e pretendere di sapere subito dove e tra quanto cadranno le piume. L’unica certezza è che cadranno, prima o poi.

Nessuno aveva previsto questa piovosa prima decade di Maggio, nessuno avrebbe potuto. Poi chiaramente ci sono previsori che “lo avevo detto”, affermando che avrebbe potuto piovere, fare vento, grandine, tuoni e fulmini, oppure una sfiammata di alta pressione nord-africana, o piovere polpette o nulla di tutto ciò. Sono capace anch’io a fare le previsioni così.

Tra cinquantaquattro ore questa dovrebbe essere la situazione in Europa. Quella bassa pressione sull’Italia è una situazione decisamente anomala per la metà di Maggio, ma nell’ambito del cambio climatico in corso è assolutamente plausibile, perchè nessuno è in grado di mettere le mani nella carriolata di equazioni e cavarci qualcosa. Io ringrazio e gioisco perchè questa pioggia è una benedizione e potrebbe essere molto importante in previsione di una estate che in teoria potrebbe essere calda e secca.

Il mio giro di ispezione domenicale con l’ombrello regala i suoni della pioggia nel bosco, e con questi ultimi sei millimetri notturni l’evento perturbato fino ad ora ha regalato 43 mm. di pioggia. Un grosso Olmo proprio di fronte a casa sta seccando, entro una settimana sarà completamente secco ed abdrà tagliato. La malattia prosegue anche se il contagio sembra avvenire a ritmi forse inferiori. Piuttosto, due Cedri dell’atlantico o Cedri piemontesi come li chiamano qui, sono in sofferenza ed a leggere sui blog in materia di Cedri pare che siano destinati a morire nel giro di pochi mesi. Un vero peccato perchè erano cresciuti bene da quando li avevo messi a terra nel 2008.

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